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PROSTITUIRSI....UN PECCATO DA CONDANNARE ?

Siamo convinti che l'Antico ed il Nuovo Testamento possono dirci qualcosa di importante e soprattutto di nuovo in merito ad un problema purtroppo oggi cosi attuale. Questo è il perché del titolo di questo documento, anche un po' provocatorio. Infatti quello che abbiamo trovato farà riflettere, come sempre fa la Parola di Dio. Vedremo sotto quale luce la prostituzione è stata compresa nella Bibbia e quale riflesso abbia avuto sulla nostra cultura e sulla vita della Chiesa fino ai nostri giorni. 

     Il popolo dell' A.T. forma una società dal carattere prettamente maschilista come tutti i popoli di 2-3000 e passa anni fa in cui le donne erano discriminate: basta pensare al Decalogo nella versione dell'Esodo dove la moglie è elencata tra le proprietà dell'uomo come altri oggetti [1]. La donna non ha gli stessi diritti dell'uomo e questa è una costante, purtroppo anche attuale, nella cultura di molti popoli. Nell'A.T. poi incontriamo 2 livelli di prostituzione: 1) la donna che si vende per un guadagno, per il piacere dell'uomo, es. Raab di Gs. 2 e Tamar di Gn. 38, questa è la prostituzione meno considerata nella Bibbia anche se ampiamente praticata. Le donne dedite a questa attività erano oggetto di varie discriminazioni: non potevano sposarsi con i sacerdoti, come del resto le ripudiate (Lv. 21,7); le figlie dei sacerdoti che si fossero prostituite andavano incontro al rogo - unico caso di condanna a morte per prostituzione ma in quanto profanavano il nome del padre! - (Lv. 21,9); non potevano portare offerte al Tempio (Dt. 23,19); dovevano indossare particolari vestiti o portare segni distintivi ed i loro figli erano oggetto di discriminazione come la madre (cf. Os. 1-2,6). 2) la prostituzione sacra, associata soprattutto ai riti di fertilità, che gli ebrei hanno ereditato dai popoli circostanti. Presso alcuni templi vi erano prostitute e prostituti sacri, soprattutto di tribù cananee già residenti prima dell'insediamento ebraico in Palestina, che si vendevano per atti di culto. Si credeva comunemente infatti che compiendo l'atto sessuale in un tempio fosse attirata la benevolenza della divinità con la conseguenza di rendere fertili o la propria famiglia, o i campi, o gli armenti, ecc. Il popolo ebraico ha conosciuto e praticato questo tipo di culto e ne era continuamente tentato[2]. In questo contesto non esiste una condanna esplicita del primo tipo di prostituzione e l'uomo che va con una prostituta per proprio piacere non commette mai un delitto contro la legge, anche se è sposato, viceversa lo commette solo se va con una donna sposata ma in quanto lede un bene altrui ( adulterio ). Al sorgere del profetismo notiamo uno sviluppo importante: il termine prostituzione viene assunto come sinonimo di idolatria e la prostituzione diventa metafora del tradimento dell'alleanza con Jahvè acquisendo così una ulteriore accezione negativa[3]. Nei libri sapienziali ci si interessa alla prostituzione come meretricio e ci si preoccupa dell'uomo che cade nel "laccio" della prostituta più per l'aspetto economico che per quello morale e sociale[4] (anche Gesù era a conoscenza di questa comune mentalità, pur non condividendola naturalmente, come si deduce dalle rimostranze del fratello rimasto a casa della parabola del figliol prodigo, cf. Lc. 15,25-30). Inoltre le prostitute sono identificate spesso con donne straniere e vi era il duplice rischio, durante l'esilio e la diaspora, di non salvaguardare sufficientemente l'identità etnica o di incorrere in una prostituta sacra[5]. Quanto detto fino ad ora ha come conseguenza un disprezzo religioso e sociale nei confronti delle prostitute senza considerare minimamente le loro situazioni e condizioni: la maggior parte di esse infatti erano vedove e senza figli oppure ripudiate dai mariti, sole e senza alcuna possibilità di sussistenza, in poche parole persone già ai margini. Nel tardo giudaismo, e ci avviciniamo così all'epoca del N.T., andiamo incontro ad un moralismo spiccato (anche per una valutazione positiva della monogamia) tanto che i libri delle Cronache rileggono la storia del popolo ebraico mettendo però in ombra figure come Raab e Tamar, che erano sì prostitute ma avevano compiuto atti di fede nei libri precedenti dove non si nascondeva la loro attività. Tutto ciò che può macchiare in qualche modo l'immagine del personaggio biblico è tralasciato in questi libri (ad esempio il peccato di Davide con Betsabea) e non possiamo non vedervi una particolare volontà nel fare questo. Le prostitute, assieme ai pubblicani, erano le classi sociali più abominevoli della società israelitica, erano simbolo di corruzione e, pur essendo costrette ad esercitare le loro attività, queste venivano praticate ai margini della legalità. 

     Il N.T. opera un vero cambiamento di mentalità: qui non viene nascosta la realtà delle cose, non si ha paura di inserire Tamar e Raab nella genealogia di Gesù e di portare come esempio la fede della prostituta di Gerico[6]. Questo rovesciamento è dovuto al fatto che in nessun passo del N.T. vi è una condanna esplicita delle prostitute, anzi Gesù le prenderà ad esempio, assieme ai pubblicani, per la loro conversione; è essa che conta veramente per il Signore, non il passato: "...In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio" (Mt. 21,31). Possiamo pensare alla enorme novità di questa frase e quanto fosse rivoluzionaria se facciamo astrazione per un momento dai duemila anni della nostra tradizione cristiana e proviamo a calarci in quell'ambito culturale e sociale che abbiamo descritto poco prima. Un brano essenziale è Lc. 7,36-50...qui non si dice esplicitamente che la donna sia una prostituta ma lo si può dedurre facilmente: "...una peccatrice di quella città - probabilmente era ben conosciuta in città - ...chi e che specie di donna è colei che lo tocca...". Torneremo successivamente su questo brano, ci sembra però bello proporre un commento che di esso fa un vescovo brasiliano molto famoso, Helder Camara: << Mi piace Gesù che accetta cosi semplicemente il gesto, l'amore di quella povera creatura, di quella sorella. Abbiamo talmente esagerato il problema del peccato! Siamo talmente farisei! Incolliamo sugli altri le etichette di "peccatore" o di "peccatrice" come se noi non avessimo peccati. Chi può gettare la prima pietra? Il peccato: il peccato non è quello che gli altri dicono che noi abbiamo fatto. E' quello che ci dice la nostra coscienza: "Hai fatto male! Non è cosi che dovresti agire!" Ricordo ancora una povera donna che veniva a trovarmi: "Ecco, Dom Helder, la mia storia è simile a molte altre storie che lei conosce. Mia madre è morta, sono stata allevata da una zia. Un giorno ero con il mio fidanzato ed è successo l'irreparabile. Mia zia, troppo brutalmente, mi ha cacciata di casa. Mi sono ritrovata con altre donne, nella "zona". Una volta, alcune donne buone hanno notato che io soffrivo facendo quel lavoro, quella vita. Mi hanno detto che potevo sottrarmici e allevare i tre figli che già avevo. Mi hanno suggerito di affittare una cameretta, mi hanno anche comprato una macchina da cucire. Sa, Dom Helder, ho fatto di tutto per soddisfare le esigenze delle belle signore che mi chiedevano vestiti. Ma sono sempre più esigenti e al momento di pagare dicono: "Ripassi il primo del mese prossimo". Per loro il denaro non è un problema...Sono due anni e mezzo che mi sono allontanata dalla "zona" ma da allora sette o otto volte mi sono ritrovata senza denaro per dare da mangiare ai miei figli che piangevano di fame. Allora ho dovuto di nuovo cercare degli uomini...". Lei sentiva che io ero commosso, che tremavo. Ma aggiunse: "Non voglio ingannarla. Sette o otto volte ho di nuovo cercato degli uomini perché i miei figli avevano fame, ma tre o quattro volte era anche la solitudine che mi schiacciava...". Vi assicuro, il Signore comprende le vittime! Il Signore non sta lì a fare i conti dei peccati delle nostre povere sorelle. Sono delle vittime...Anche noi, uomini di Chiesa, molto spesso esageriamo, sia i peccati delle donne sia i peccati del sesso. Come se i peccati del sesso fossero più gravi dei peccati contro la carità. Dio mio! Quante volte, per denunciare per esempio le donne pubbliche, si ferisce la carità! Si deve ricordare la scena del Vangelo a proposito della donna adultera. Sarebbe stato certo molto facile trovare un uomo adultero. Non c'è una donna adultera se non c'è un uomo adultero con lei. Ma è più facile catturare la donna, portarla sulla piazza, giudicarla. E ci si preparava a lapidarla, come prescriveva la legge. Questa soddisfazione, quasi questa gioia nel vedere applicata la legge anche contro un vero colpevole, è forse una trasgressione alla carità. Perché mettere i peccati contro il sesso al di sopra dei peccati contro la carità? >>[7]. Nella lettera che S.Paolo scrive ai Corinti (1 Cor. 6,12-20), ai cristiani di quella città, egli rivolge l'invito a non frequentare le prostitute, a non unirsi a loro, ma anche qui non sembra esserci una condanna esplicita della prostituta nonostante si conosca il rigore morale dell'Apostolo. Egli infatti era senz'altro a conoscenza che azioni di guerra, rapimenti, abbandoni di bambini, formavano il mercato degli schiavi e il commercio di esseri umani era alla base della prostituzione nella società greco-romana. Paolo condanna le idee e la mentalità dei clienti e nega la parità fra consumazione di alimenti ed atto sessuale: si trova impegnato il corpo e l'intero essere della persona, siamo in ambito relazionale, egli è contrario ad un uso strumentale dell'atto sessuale poiché non è come consumare un cibo. Ancora: 1 Cor. 5,10 e 6,9, poi Ef. 5,5, Ap. 21,8 e 22,15, nel testo greco si condannano, si escludono, si mettono all'inferno i pòrnoi o il pòrnos, i soggetti o il soggetto maschile[8]. La traduzione della CEI ha reso questa parola come impuro o immorale, forse sarebbe più preciso tradurre con " tutti quelli che vanno con le prostitute "! Ricapitolando: la prostituzione è un male, anche per S.Paolo e per tutto il N.T. ma, conoscendo i detti e i pensieri di Gesù ed il marciume che c'era a Corinto e in tanti altri posti, il N.T. vede la donna che si prostituisce come una schiava o perlomeno come una persona forzata dalla miseria a fare questo lavoro. Lo stato di schiavitù e d'indigenza suggeriva perciò di bollare e condannare non chi si vendeva ma chi comprava! 

     Nei secoli successivi, in grandi linee, possiamo dire che si è tentato prima di tutto di convertire le prostitute (monachesimo) poi, nell'epoca tardo romana e nel medioevo, le condanne nei loro confronti sono diventate via via sempre più pesanti. Si trovano da adesso, fino ai nostri giorni, due posizioni morali differenti all'interno della tradizione cristiana: l'una, che ha in S.Alfonso Maria de Liguori il suo più illustre rappresentante, non ammette nessuna tolleranza da parte dello Stato per quanto riguarda l'esercizio della prostituzione, che viene condannata in tutti i suoi aspetti. L'altra, rifacendosi a S.Agostino e S.Tommaso d'Aquino, accetta una certa tolleranza su questo problema (tolleranza, non liceità )[9]. La decadenza morale fa sì che si tolleri la prostituzione, pur condannando l'uso della sessualità fuori del matrimonio, in nome del principio del male minore. Quello che stupisce è che non ci si curi per niente delle cause riducendo tutto, sbrigativamente, al contenimento della lussuria, tant'è che, finché è esistito lo Stato Pontificio, al suo interno vi erano case in cui si esercitava normalmente la prostituzione, veri e propri Casini. Con Pio XII si è cercato di fare più attenzione ai condizionamenti sociali ed ambientali e di restringere la tolleranza in favore della promozione della persona. Nei documenti del Magistero ecclesiastico di questi ultimi anni troviamo due brani che affrontano il problema della prostituzione in testi, è bene dirlo, con finalità dottrinale diversa. Il primo brano è in Gaudium et Spes al n° 27... qui si affronta il problema del rispetto della persona e la prostituzione è considerata come qualcosa che offende la dignità umana al pari del mercato delle donne e dei giovani, della schiavitù, delle deportazioni, delle incarcerazioni arbitrarie, delle condizioni di vita infraumana, ecc. Siamo dalla parte di chi subisce, la prostituzione è vista, al pari delle altre realtà citate, come una strumentalizzazione della persona, è questo quello che interessa. Ripetiamo: la prostituzione è inserita, dentro a questo documento dei primi anni '60 nel contesto di forme di sfruttamento dell'essere umano! Quanto mai attuale! II secondo brano lo troviamo in un documento molto più vicino a noi, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, siamo ai primi anni '90 ed il canone è il 2355...l'argomento è trattato da un punto di vista morale-moralistico e non pastorale come nella G.S. ma non possiamo fare a meno di notare che la visione moralista appare più lontana dalla realtà di quanto non lo fosse la precedente anche se scritta 30 anni prima! Si afferma che "Colui che paga pecca gravemente contro se stesso...''[10] ma non si fa un solo cenno al peccato di violenza, di sfruttamento, di collusione con gli sfruttatori, ecc. che si commette contro la donna, contro colei che si prostituisce perché ridotta allo stato di schiavitù o di miseria! Non si fa un solo cenno al fatto che il cliente alimenta e perpetua cosi quella che qui è definita come "piaga sociale". Viceversa per colei che si prostituisce si afferma che "il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale" e per fortuna che la colpa può essere "attenuata"(!) dopo anni di violenze subite, di minacce e ricatti nei confronti della propria persona o dei familiari rimasti a casa, dopo le speranze illusorie - spesso adolescenziali! - andate irrimediabilmente perdute, ecc. E si badi bene che è contemplata e non sconosciuta la contingenza del ricatto o della miseria. La differenza fra questi due testi, pur tenendo presenti le differenti finalità, è evidente. La connotazione moralistica del Catechismo rischia di adombrare quello che è il peccato più grave nell'ambito della prostituzione, peccato che è conosciuto fin dai tempi del N.T. come abbiamo visto - tema che riprenderemo- e che oggi è di sorprendente e sconcertante attualità considerando il contesto in cui viviamo: la schiavitù della persona. Prima di tornare ad interrogare la Scrittura per trovare risposte a tutto questo e cercare lo specifico del messaggio biblico-cristiano proviamo ad elencare delle costanti che abbiamo incontrato o che possono emergere da una ulteriore riflessione: a) la donna è l'unica penalizzata, anche nella sua vita privata, per un'attività che vede anche il concorso dell'uomo; b) il termine è offensivo solo per la donna e dietro un linguaggio c'è sempre una mentalità; c) la società assolve spesso il cliente (per "debolezza") ma non le prostitute; d) le ricerche, di ogni tipo, si sono occupate soprattutto delle prostitute, difficilmente dei loro clienti che sfuggono ad ogni controllo. Come abbiamo visto dalla Scrittura l'ottica moralistica fa perdere di vista la realtà della persona, si accentua il senso di peccato, si sottolinea la purezza esteriore, si rimarca la distanza fra il peccatore e l'uomo religioso. Anche se tutto questo ha una sua giustificazione interpretativa dobbiamo spingerci più in là se vogliamo comprendere a fondo il messaggio evangelico. Il brano di Lc. 7,36-50 è, come dicevamo in precedenza, esemplare per questo: Gesù contraddice ed infrange la norma che dichiarava impura la prostituta facendosi profumare e baciare i piedi (toccare)[11]. Questo scandalizza Simone, non tanto il comportamento della donna quanto quello di Gesù, è Lui che non tiene conto della "distanza", che entra in contatto con la realtà peccaminosa, mentre l'ideale religioso del tempo era proprio non avere contatti, tenersi distanti a livello epidermico. A questo punto Gesù mostra tutta la sua sapiente pedagogia..."Simone, ho da dirti una cosa..." proprio a lui! Non alla peccatrice ma al benpensante, al moralista, del tempo! E' a lui che racconta la parabola dei due debitori insolventi e fa comprendere, a Simone e a tutti noi, che il creditore annulla il debito perché gli interessano le persone: Dio non si muove in base ai debiti ma in base alle persone, lo spinge la compassione, non la contabilità. Lo sguardo di Dio non genera mai giudizio e quindi distanza e la conoscenza (comprensione) di Gesù si rivela come un abbraccio alla realtà che in questo modo viene accolta e perdonata. Non conta il passato di fronte a Gesù, conta la capacita di amare che sai esprimere quando ti è richiesta, che poi è l'incontro con Lui, anche se nascosto sotto altre spoglie...perciò il vero atteggiamento religioso è quello di colui che non ha paura di abbracciare, cioè di accogliere la realtà: "lei.. non ha cessato di baciarmi i piedi". Viceversa il falso atteggiamento religioso è quello di colui che tiene sempre la distanza, che è asettico: "Tu non mi hai dato un bacio...". Ecco, questo pensiamo sia una dimensione specifica del cristiano: saper abbracciare la realtà così com'è e non scandalizzarsi di essa. Gesù è il solo capace di tirare fuori il bello da una persona e può valutare la donna al di sopra di Simone, così come Tamar fu più giusta di Giuda[12]. Una persona infatti può essere paradossalmente in contraddizione con tutto ciò che comandano la convenienza ed il costume e rimanere pulita, onesta e capace di generosità e di amore. Paradossalmente, ma il messaggio del Vangelo è paradossale, colpevole sul piano della legge ma in sintonia sul piano della vita, di Quella vita. Ma ancora: non siamo forse anche noi, oggi, come al tempo di Gesù e Paolo in cui le prostitute erano bambine, povere e schiave? In cui la donna - questa donna - è oggetto di desiderio più che soggetto di peccato?[13] E non abbiamo forse perso il coraggio di denunciare, - condannare come il N.T.- i pòrnoi, chi le frequenta, chi mantiene con il suo gesto delle donne in schiavitù, chi sfrutta queste persone per un momento del proprio piacere? Esse stanno già pagando un prezzo altissimo per il loro espatriare, per la perdita dei legami affettivi, culturali e mentali e ricordiamo anche in questo caso quanto dice la Bibbia: "Non molesterai lo straniero né lo opprimerai perché voi siete stati stranieri nel paese d'Egitto" (Es.20,20) e ancora "...ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt. 25,35 ). Non è questo che stiamo vivendo - e in una dimensione più ampia il fenomeno delle migrazioni di massa - uno di quei "segni dei tempi" che dobbiamo saper distinguere?[14] La prostituzione scomparirà con la scomparsa della povertà umana e delle emigrazioni? Non è una domanda a cui possiamo rispondere, ma non dobbiamo ridurre il problema solo a una questione di ordine pubblico, di visibilità e di vivibilità, come suggeriscono i benpensanti e i moralisti. E non è sufficiente neppure ragionare e "giudicare bene", come ha fatto Simone, occorre cambiare il nostro cuore: di fronte ad ogni problema di emarginazione, di povertà, di sfruttamento, il Vangelo ci chiede di prendere una posizione. ..................................................................... 

Bibliografia

La Sacra Bibbia, Ed. Dehoniane, Bologna,1978. 

Il Nuovo Testamento, ediz. Greca, a cura di A. Merk, P.I.B. , Roma,1984. 

Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 1992. 

Gaudium et Spes, in Costituzioni, Decreti, Dichiarazioni del Sacro Concilio Ecumenico Vaticano II, Ed. Ancora, Milano, 1967. 

N. Blazquez, El magisterio reciente de la Iglesia en materia de prostitucion, Studium, XXVIII, (1988), 2, 298-313.      

Id., Etica pastoral de la Iglesia sobre la prostitucion, Studium, XXVI, (1986), 3, 379,-426.     

Id., Teorias explicativas del fenomeno prostitucional, Studium, XXXI, (1981), 1, 111-127. 

E. Drewermann, Il messaggio delle donne, Queriniana, Brescia, 1997.  

R. Peter, L'imperfezione nel Vangelo, Cittadella Editrice, Assisi, 1998.      

A. Rolla, Prostituzione, in Enciclopedia della Bibbia, LDC, Torino, 1970.     

S. Agostino, De Ordine.              

S. Tommaso, Summa Theologica.

 

Note

[1] "Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, Né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo " (Es. 21,17). 
 
[2] "Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d'Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d'Israele." (Dt. 23,18).
 
[3] Cf. Ez. 16,28-40; Ger.; Mich. 
 
[4] Cf. Pr. 29,3; Sir. 9,6. 
 
[5] Cf. Pr. 5,3-11. 
 
[6] Cf. Lc. 1,3; Eb. 11,31; Gc. 2,25. 
 
[7] Dom Helder Càmara, Il Vangelo con Dom Helder, Cittadella Editrice, Assisi, 1988, 98-102. 
 
[8] Apocalisse utilizza il termine femminile, prostituta, sulla scia dei profeti, come metafora del culto pagano che si svolgeva a Roma-Babilonia, cf. i capitoli 17 e 18. 
 
[9] "Togliete le meretrici dal consorzio umano e avrete turbato tutto con lo scatenarsi delle passioni", S.Agostino, De Ordine 1. II, cap. 4, PL 32, 1000. " E' proprio di un legislatore sapiente permettere trasgressioni più piccole per evitarne di più grandi." S.Tommaso, Summa Theol. Ia-2ae, q. 101, a.3 ad 2. "Anche nel governo umano chi comanda tollera giustamente certi mali per non impedire dei beni, o anche per non andare incontro a mali peggiori." Id. 2a-2ae, q.10, a. II c. 
 
[10] Le sottolineature sono nostre. 
 
[11] E quante volte nel Vangelo Gesù cerca il contatto umano perché sa che è importante. 
 
[12] Cf. Gen. 38,26. 
 
[13] Cf. Mt. 5,28. 
 
[14] Cf. Mt. 16,3.

 

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